The Wall, Berlin concert. Correva l'anno 1990

Concerto The Wall di Roger Waters a Berlino. 
21 luglio 1990.

È stata un'esperienza incredibile sotto molti aspetti. Il viaggio su un treno super affollato che viaggiava su un solo binario. Non era possibile andare in bagno perché non ci si poteva muovere dallo scompartimento col rischio di non ritrovare il proprio posto.
Treno diesel delle ferrovie della DDR che quando affrontava una curva ti buttava tutto lo scarico nel finestrino aperto per il caldo assurdo. E ovviamente non c'era l'aria condizionata... E all'interno c'era una gran puzza di sudore misto a marijuana. 
Nel corridoio un ragazzo turco aveva la chitarra e suonò praticamente tutta la discografia dei Pink Floyd con tutto il vagone (ed eravamo proprio tanti, da ogni paese del mondo) che cantava. Andò avanti per quasi tutto il viaggio
Fui fortunato perché insieme a me si aggregò un gruppetto di italiani (noi italiani ci cerchiamo sempre). Io e un altro milanese sentimmo bestemmiare in italiano in corridoio e capimmo subito che si trattava di veneti e li facemmo entrare nello scompartimento che aveva due posti liberi. Poi si aggiunsero anche un pugliese (che parlava bene il tedesco - utilissimo) e un romano.
Ci stringemmo e riuscimmo a starci tutti. Il romano dormiva per terra. 
Viaggiammo di notte per arrivare di mattina a Berlino. Il treno fece una fermata tecnica (non ci fecero scendere) e io sbirciai fuori e vidi i soldati dell'armata rossa che stavano facendo l'adunata.
Arrivammo a Berlino intorno alle 11... Io e gli altri paisà uscimmo dalla stazione un po' sperduti, però era facile capire la strada per arrivare al concerto perché in pratica tutta la gente che c'era per strada stava andando lì. 
Ad un certo punto tutti noi italiani sentimmo i morsi della fame. Nessuno aveva fatto colazione e alcuni, incluso il sottoscritto, troppo avventurosi, non avevano nemmeno cenato la sera prima. Giustamente tra tanti kebabbari e negozi strani (per noi ancora sconosciuti all'epoca) adocchiammo subito una pizzeria dove ci accolse un simpatico italiano immigrato che ci rifilò delle orrende pizzette rinsecchite e lattine (!!!) d'acqua minerale che sarebbero durate poco... Poi capirete il perché. 
Non potevamo permetterci di sederci e fermarci a consumare il "pranzo". L'obiettivo era raggiungere la Potsdamer Platz entro le 15 per trovare un posto decente, il più possibile vicino al palco
Il pugliese capì che percorso fare per arrivare a destinazione e ci accorgemmo che il suo aiuto ci tornò molto utile perché  capendo bene la lingua ci fece prendere delle belle scorciatoie
Ad un certo punto arrivammo in  un posto pazzesco. Era una piazza. No, uno spiazzo, no, di più. Era una spianata immensa, si vedeva l'orizzonte. C'era un vialone lunghissimo che era percorso da decine e decine di auto Trabant. Una di queste ci sfiorò a velocità pazzesca (per una Trabant), fece una curva un po' troppo estrema e percorse almeno 30 metri su due ruote per poi continuare il suo tragitto. 
Io ero come ipnotizzato, faceva un caldo pazzesco ma non lo sentivo (avevo anche 19 anni) e stavo trattenendo pipì e pupù da oltre due giorni. Forse anche perché non avevo mangiato né bevuto praticamente nulla. Nella mia testa c'era solo The Wall. 
Durante il viaggio in treno giravano voci riguardanti il concerto. Si parlava degli ospiti del concerto. Oltre a quelli dichiarati dal manifesto si vociferava della miracolosa partecipazione di Eric Clapton e qualcuno dava per certo addirittura la reunion dei Pink Floyd. La stanchezza e la "Maria" a volte fanno strani scherzi!
Potsdamer Platz. Da piazza dei comizi di Adolf Hitler a terra di nessuna con tanto di campo minato, fino a area concerti.
L'area era recintata in perfetto stile nazista, con guardie armate, rottweiler e dobermann che ci osservavano attantamente. Ogni tot metri lungo il recinto erano state approntate degli ingressi. E da ognuno di essi pertivano delle file di gente lunghissime. L'attesa fu snervante e lunghissima, rimanemmo in coda per almeno due ore. La "ghestapo" perquisiva tutti e non permetteva a nessuno di portare qualsiasi cosa potesse essere lanciata o usata come oggetto contundente.
All'epoca, nei concerti in Italia non eravamo ancora abituati a questo livello di sicurezza.
In coda con noi c'erano tre enormi scozzesi di cui uno si era portato una enorme boccia (credo da 3 litri) di whisky Glen Grant. Vedendo che gliel'avrebbero sequestrata, si divisero il suo contenuto bevendo quasi tutto d'un fiato un litro di whisky a testa! Io credo sarei morto... Loro non barcollarono nemmeno
Sapendo che fine avrebbero fatto, noi aprimmo tutte le lattine di acqua minerale ed, eroicamente ne bevemmo tutto il contenuto, facendo gli stessi versi degli scozzesi come se avessimo imgurgitato un superalcolico. In ogni caso fummo comunque eroici perché l'acqua minerale, gassata, calda, tedesca, in lattina è veramente qualcosa di orrendo. 
Una volta entrati ci siamo trovati davanti una spianata immensa di sabbia fine come borotalco. Ad ogni folata di vento si alzava un mini-tornado di sabbia che ti si infilava ovunque. Dopo pochi minuti, grazie al sudore dato dal caldo infernale, eravamo tutti color sabbia. Sembravamo dei predoni del deserto!
Ad un certo punto i veneti hanno deciso di andare a far la fila ai bagni e da lì in poi non li abbiamo più rivisti. Noi milanesi, il romano e il preziosissimo pugliese ci siamo inoltrati in mezzo alla folla per raggiungere il palco.
Ad un certo punto abbiamo cominciato a vedere il palco. Anzi, in realtà il palco si vedeva già da lontano, ma non pansavamo che fosse il palco, perché era troppo grande. parte del muro era già costruita e al centro era presente un enorme breccia a "V" dietro la quale si vedeva l'enorme "solito" schermo circolare, un po' più grande rispetto a quello usato dai Pink Floyd nel quasi contemporaneo tour europeo. Ma le attrezzature, luci e vari meccanismi sembravano un po' più rudimentali rispetto a quelli usati dai Pink Floyd... c'era un non so che di vecchio.
Davanti all'enorme muro c'era un altrettanto enorme palco, che alto non era con una gigantesca passerella con una salita da una parte e una discesa dall'altra, perché poi sarebbe stato usato per far salire e scendere molti veicoli, anche molto grandi e pesanti. Di spazio ce n'era, quindi si poteva esagerare in ogni senso.
Noi ci sistemammo (si fa per dire) a circa 80 - 100 metri a destra del palco, vicino a una delle immense torri delle luci e degli amplificatori. Pensammo fosse una bella idea, così avremmo sicuramente sentito bene, ma così non fu...
Il palco era grandissimo ma non eravamo sufficientemente vicini per poter vedere bene i musicisti che vi sarebbero avvicendati. Ce ne facemmo una ragione, anche perché andare troppo avanti sarebbe stato un rischio, non ci si sarebbe potuti sedere e nemmeno muovere perché la ressa che, già a circa 5 ore dall'inizio del concerto, era mostruosa. Non si respirava per la sabbia e per il caldo, se ci fossimo trovati là in mezzo non so come sarebbe andata. Ogni tanto vedevamo passare dei portantini e dei paramedici che portavano fuori ragazzi collassati...
L'attesa fu pazzesca, ogni tanto ci si dava il cambio per andare a cercare da bere perché il secco era insopportabile. Il mio amico milanese sparì per quasi un'ora. Pensai che non l'avrei più rivisto. Non c'erano i cellulari e non ci si poteva rintracciare in nessun modo. Poi riapparve con delle bottiglie d'acqua e di coca cola (calde) che era riuscito a trovare in un baracchino ai margini nell'area concerto. Tutto ovviamente senza tappo. Ci chiedemmo il perché... 
Ci rinfrancammo ma l'effetto "rinfrescante" durò poco, ci volevano altro che un paio di bottigliette d'acqua e mezza coca.
Pian piano il sole tramontò. Eravamo esausti, ma l'attesa del concerto ci dava ancora l'energia per rimanere in piedi. Venne il buio e cominciammo a vedere le luci della città (poche). Dietro al palco erano montate due gru edilizie, una sarebbe servita per sollevare le attrezzature sceniche, l'altra per i pupazzi. O almeno credo, perché da dove eravamo noi non si capiva molto bene. Inoltre dietro a tutto c'era un immenso cantiere edile. Se guardate adesso cosa c'è in Potsdamer Platz con Google Maps, capite.
Il concerto era intitolato all'Memorial Fund For Disaster Relief, l’organizzazione benefica che puntava a raccogliere 5 sterline per ogni persona tragicamente scomparsa durante la Seconda Guerra Mondiale, in modo da destinare il ricavato in aiuti e soccorsi in caso di catastrofi. Alla fine, la cifra devoluta fu di oltre 100.000 sterline.
Era presente solo un mega schermo, ma noi eravamo dietro di esso, speravamo che i personaggi apparissero anche sullo schermo tondo, ma così non fu
Cominciammo a capire che stava iniziando il concerto perché notammo parecchia animazione sul palco, tecnici che correvano avanti e indietro, cameramen, forze di sicurezza, insomma un bel casino.
Uscirono dei veterani di guerra che fecero un breve discorso riguardante il Memorial Fund For Disaster Relief, ringraziarono e uscirono di scena. Ci fu un po' di confusione poi cominciarono a scoppiare fuochi d'artificio un po' casuali dietro al palco, che ad un cero punto pensammo si trattasse di qualcosa che non c'entrava nulla con il concerto. Il palco si riempì di fumo e si accesero i riflettori rossi (piuttosto poco potenti, non si vedeva niente) e sul palco salì una limousine bianca scortata da bikers in Harley Davidson. Vi discesero gli Scorpions, che suonarono "In the flesh" in assoluta la migliore interpretazione di tutto il concerto. Loro li conoscevo bene e sapevo sarebbe stati fantastici. E così fu! Rispettarono alla lettera con grande rispetto tutta la linea musicale e il cantato - BRAVISSIMI!!!!
Alla fine del brano si sentì il rumore dello Stuka che precipita, ma non si vide nessun modello di aereo schiantarsi... boh?
Per ogni cambio di palco ci voleva un po' di tempo. Il concerto sembrava male organizzato, forse non era stato dato abbastanza tempo per fare le prove e poi sul palco c'era veramente una folla di gente, tra tecnici, musicisti e... ospiti.
"The thin ice" - ci accorgemmo che sul palco erano riusciti a far stare un'intera orchestra sinfonica, la Berlin Radio Symphony Orchestra + coro che intonò le prime note della canzone che fu cantata da una "sciura" sconosciuta (non presentavano nessuno) e da Roger. Poi scoprimmo che la sciura era Üte Lemper. Brano eseguito bene, ma niente di eccezionale.
Intanto noi non sentivamo niente. eravamo riusciti a sentire gli Scorpions perché ci davano dentro come dei dannati, ma i pezzi più "tranquilli" non si sentivano. Gran parte del pubblico se ne accorse e cominciammo ad urlare tutti in coro "LOUDER, LOUDER, LOUDER"... ma non ci diedero minimamente retta.
In pratica le luci erano troppo scarse, le proiezioni sullo schermo tondo e sul muro erano poco visibili e il suono quasi impercettibile. Pensammo di avanzare un po' per sentire meglio, ma fu un'impresa impossibile, avevamo davanti un MURO di gente!
"The happiest days..." e "Another Brick in the Wall (Part 2)" - Non capimmo bene cosa stava succedendo sul palco, poi apparì Roger e, credo, iniziò a cantare. La cosa brutta di questo concerto è che la continuità tra un brano e l'altro alla quale noi siamo abituati, non esisteva. Tra un brano e l'altro si fermava tutto e si doveva aspettare, nessuno diceva nulla, nessuno annunciava nessuno. Fortunatamente conoscevamo la scaletta del disco e quindi almeno sapevamo quale sarebbe stato il brano successivo. Poi sentimmo l'elicottero, non mi ricordo se fosse un vero elicottero o solo il suo suono, però quello lo sentimmo bene. Intervenne Roger poi sul palco salì Cyndi Lauper con una cofana di capelli mostruosa vestita da scolaretta che si dimenò cantando e improvvisando anche uno striptease... bravina e bellina. Intanto costruivano il muro. Ah, il brano fu riarrangiato per l'occasione, inserendo l'ultima strofa cantata alla fine dell'assolo. A mio parere una pessima trovata.
Il resto del concerto continuò con una lentezza imbarazzante. Il cambio palco era lunghissimo, i mattoni del muro venivano posati a mano usando dei bracci maccanici e ci mettevano una vita. Ad un certo punto il palco si trasformò in una specie di "USA for Africa" perché ogni canzone veniva cantata da un capannello di persone sconosciute (per forza, non presentavano mai). Riconoscemmo Sinead O'Connor che cantò "Mother" (male, molto male) e il coro di ospiti famosi che la accompagnava sembrava appena uscito da una serata in birreria. "Goodbye Blue Sky", se non fose stato per l'orchestra sinfonica (che comunque sentivamo poco) sarebbe stato un vero disastro. Era chiaro che i cantanti non conoscessero i brani e che non li avessero nemmeno provati prima. Per fortuna salì sul palco Brian Adams che salvò l'anima rock del concerto che stava pian piano morendo, ottima la sua interpretazione di "Young lust", ma da lì in poi la situazione degenerò. Il pubblico cominciò a dare segni di impazienza per il fatto che l'audio era veramente basso e se già prima si sentiva poco, con il vociare della gente, non si sentì più nulla. Se poi aggiungete che da dove eravamo non si vedeva niente e tutto era immerso in una specie di penombra mista a polvere dello spiazzo e fumo della scenografia, in pratica eravamo circondati dal caos più totale.
Io ormai ero allo stremo delle forze, non mi rendevo più nemmeno contro di dove mi trovassi, completamente disorientato, sofferente e bisognoso di un bagno. Mi resi conto che non potevo andare avanti così e dissi ai miei amici che mi sarei allontanato per prendere una boccata d'aria. Scavalcai parecchia gente che apparentemente sembrava collassata, ma nessuno li degnava di uno sguardo. Non me ne preoccupai. l'unica mia idea era uscire da quell'inferno allontanandomene il più possibile. Arrivai finalmente ad una serie di bagni sebach al limitare dell'area concerto e riuscii a fare pipì ma tutto era nel caos più totale. Vidi una struttura incustodita che sembrava una catasta di tralicci e sulla quale qualcuno si era già arrampicato per vedere meglio. Vi salii anch'io e riuscii a intravedere il palco, ma da così lontano non si sentiva praticamente niente. So solo che riuscii a riposarmi un po' perché mi sdraiai su una piastra di metallo. Poi arrivarono gli agenti della Gestapo che fecero scendere me e gli altri. A quel punto non so quanto mancasse alla fine del concerto. Sembrava fossero passate almeno due ore dal mio "abbandono". So solo che quando ritornai in me c'era qualcosa di strano, molto strano. La gente stava abbandonando alla spicciolata l'area del concerto. Si stavano formando delle macchie dove non c'era più nessuno. pensai che il concerto fosse terminato, così cercai i miei compagni di avventura e miracolosamente ritrovai il mio amico milanese che vagava tra i rifiuti e i tizi collassati come un sopravvissuto ad una grande battaglia. Ma il concerto non era finito! Anzi, sembrava fosse RICOMINCIATO!!! Il mio amico mi disse che ad un certo punto anche lui non sentì più niente ma riuscì a capire che il concerto andava avanti, vide tutto fino a "The trial", il muro crollò e poi tutti i musicisti e ospiti si riunirono per cantare "The tide is turning" (dal disco Radio Kaos) e poi "Outside the wall". Questi due brani disse di essere riuscito a sentirli perché molta gente se ne era andata piuttosto arrabbiata. Ma nonostante tutto, sul palco le luci continuavano a roteare e c'era ancora parecchia gente su di esso. Ci fermammo un momento e capimmo: stavano ri-girando alcuni brani perché non erano venuti bene!
Ad un certo punto mandammo al diavolo Roger Waters, il muro e tutto quell'immane bordello e cercammo la salvezza tra le vie di Berlino. Non so perché ma noi italiani abbiamo il radar per ritrovarci in mezzo alla folla e camminando come zombie ad un certo punto ci scontrammo letteralmente con il gruppo del treno al completo. Tutti avevano avuto al nostra stessa idea di abbandonare il concerto definendolo chi "un cagata pazzesca", chi "un casino incomprensibile" e alcuni si pentirono di aver speso i soldi per il biglietto ed aver fatto tutto quello sbattimento per arrivare fino a lì.
Il pugliese chiese informazioni e gli dissero che il treno per il ritorno verso l'Italia sarebbe partito alle 6:00 dalla stazione dello Zoo... Lo Zoo di Berlino, luogo all'epoca molto famoso a causa del libro scritto da Christiana F... In sostanza un luogo con la bella fama di "covo di tossici". Ragazzi, io non so ancora adesso a distanza di oltre trent'anni come ci arrivammo, non lo so. So solo che mi ritrovai a dormire su un carrello portabagagli, faceva un freddo pazzesco, ed era il 22 luglio!!! Provai ad andare nei bagni della stazione, che erano a pagamento, ma erano praticamente piantonati da guardie in camice bianco che controllavano cosa stesse facendo ogni persona all'interno di ogni cesso, per paura che qualcuno si facesse. Non riuscii nemmeno a sedermi sulla tazza! Privacy ZERO!
Il viaggio di ritorno fu un'altra piccola odissea, ci impiegammo 24 ore ad arrivare a Milano. Mi ricordo che facemmo tappa a Monaco di Baviera, mangiammo in un pessimo ristorante italiano (ostinati, eh?) e visitammo anche uno degli allora leggendari sexy shop tedeschi. Non mi capacito ancora di come senza un cellulare e le tecnologie di adesso riuscimmo a fare tutto ciò senza perderci nel mezzo dell'Europa, riuscendo a tornare a casa sani e salvi. So solo che arrivato alla stazione centrale di Milano presi un taxi e arrivato a casa mi chiusi in bagno per 2 ore...

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